Paul Gaetano Maria Pachner nacque nel 1871 a Marburg (Maribor), oggi in Slovenia, e morì il 13 ottobre 1937 a Hradec, oggi in Slovenia, anche se alcune fonti affermano che fosse morto a Graz e ivi sia sepolto.
Comandante dell’incrociatore leggero “Zenta” nella battaglia di Antivari del 16 agosto 1914, fu promosso a capitano di vascello nel 1916, subito dopo la sua liberazione dalla prigionia in Montenegro, e contrammiraglio, dopo la conclusione della prima guerra mondiale il 30 giugno 1919.
Aveva frequentato l’Accademia di Marina (Marine-Akademie) di Fiume dove aveva concluso gli studi nel 1890, quindicesimo su trentacinque cadetti. Subito dopo si era imbarcato come cadetto di 2ª classe (“Seekadett 2. Klasse”) sulla fregata della k.u.k. Kriegsmarine “Saida” che partì il 5 settembre 1890 da Pola per un giro del mondo durato diciotto mesi. A bordo, fra i 40 ufficiali, era presente anche il tenente di vascello (“Linienschiffsleutnant”) Anton Haus, che nel corso della prima guerra mondiale diventerà grande ammiraglio e comandante supremo della flotta austro-ungarica.
Praticamente allo scoppio della prima guerra mondiale, il 13 agosto 1914, Paul Pachner fu nominato d’urgenza comandante dell’incrociatore “Zenta” in sostituzione del precedente comandante, il capitano di fregata (“Fregattenkapitän”) Joseph Culot che si era improvvisamente ammalato.
In quelle prime settimane di guerra unità leggere della k.u.k. Kriegsmarine, fra cui l’incrociatore “Zenta”, bloccavano, dal 10 agosto 1914, il porto montenegrino di Antivari per impedire lo sbarco di rifornimenti da parte degli anglo-francesi.
Il 16 agosto 1914 il turno di sorveglianza del blocco navale di Antivari toccava all’incrociatore “Zenta” e al cacciatorpediniere “Ulan”.
Alle 07:46 del mattino le navi austriache avvistarono del fumo di cinque navi a sud-sud-ovest. Nel frattempo il cacciatorpediniere della k.u.k. Kriegsmarine “Streiter”, salpato da Cattaro per dare il cambio all’ “Ulan” alle 08:30, al posto dell’incrociatore e del cacciatorpediniere austro-ungarici, avvistò molte più navi a sud e ritornò così in porto. “Zenta” e “Ulan” giunsero alle 07:45 fra Punta Volovica e Capo Menders, con mare calmo e ottima visibilità e avvistarono all’orizzonte, a sud-sud-ovest, il fumo delle navi nemiche. Invertita subito la rotta, dirigendosi verso riva in direzione delle Bocche di Cattaro, avvistarono altre navi che convergevano da est-nord-est ad alta velocità.
Era chiaro che erano stati circondati dalla flotta francese che aveva tagliato loro ogni possibilità di fuga. La squadra francese schierava le corazzate da battaglia “Courbet”, che era la nave ammiraglia e “Jean Bart”, armate ciascuna con 12 cannoni da 305 millimetri e 22 cannoni da 138 millimetri; 10 corazzate pre-dreadnought (“Danton”, “Diderot”, “Vergniaud”, “Voltaire”, “Condorcet”, “Vérité”, “République”, “Patrie”, “Justice” e “Démocratie”, armate ciascuna con 4 pezzi da 305 millimetri e dai 4 ai 10 pezzi da 186 millimetri; 7 incrociatori pesanti: “Julien de la Gravière”, “Jules Michelet”, “Ernest Renan”, “Edgar Quintet”, “Léon Gambetta”, “Victor Hugo” e “Jules Ferry”, armati ciascuno con 4 cannoni da 190 millimetri e 16 cannoni a tiro rapido da 160 millimetri e 5 squadroni di cacciatorpediniere.
A questa squadra francese si aggiungevano gli incrociatori del Regno Unito “Defence” e “Warrior” (complessivamente 10 cannoni da 193 millimetri e 14 cannoni da 190 millimetri), oltre a 3 divisioni di cacciatorpediniere, per un totale di 36 navi di scorta. Il volume di fuoco delle sole navi da battaglia era impressionante: solo per quanto riguarda l’armamento principale la flotta anglo-francese schierava 64 cannoni da 305 millimetri, 68 pezzi da 240 millimetri, 54 pezzi da 194 millimetri, 56 pezzi da 186 millimetri, 68 pezzi da 164 millimetri. Le corazzate potevano muoversi a 20-22 nodi di velocità, gli incrociatori erano ancora più veloci. Il “Zenta”, varato nel 1899, aveva una velocità massima di soli 18 nodi ed era armato con 8 pezzi a tiro rapido da 120 millimetri.
Il capitano di fregata (“Fregattenkapitän”) Paul Pachner (in altre fonti indicato erroneamente con il grado di commodoro), comandante del “Zenta” ordinò all’ “Ulan”, che era più veloce, raggiungendo i 28 nodi, di fuggire e raggiungere il porto di Cattaro, dove sarebbe stato in salvo, cosa che quest’ultimo fece arrivando in porto alle 10:00 circa, sotto il fuoco pesante delle navi nemiche.
Nel frattempo l’incrociatore “Zenta” virò verso nord-est, avvicinandosi alla costa dove era più difficile colpirlo e dove era più facile fuggire se la nave fosse stata colpita e affondata.
I francesi, giunti a portata dei loro cannoni, spararono due colpi a vuoto per intimidire la nave austro-ungarica, chiedendo alla nave austriaca di fermarsi e di arrendersi. Il “Zenta” rifiutò, innalzando per tutta risposta il gran pavese di battaglia e, a prua, la bandiera d’onore di seta (“Seidene Ehrenflagge”) che le era stata conferita per l’eroico comportamento del suo equipaggio durante la rivolta dei Boxer in Cina del 1901.
La battaglia iniziò alle 08:40. La gettata di tiro delle navi anglo-francesi, soprattutto delle corazzate “Jean Bart” e “Courbet”, era molto superiore a quella del “Zenta”: potevano sparare anche da dodici chilometri di distanza. Alle 08:50, il “Zenta” incassò il primo colpo a bordo in coperta, ma nonostante tutto, quando la portata dei suoi cannoni lo consentì, a circa 9.000 metri di distanza, aprì anch’esso il fuoco contro la flotta francese.
La nave fu colpita nuovamente, da un proiettile da 305 millimetri, questa volta in sala macchine, che distrusse il motore principale di destra, sterminò tutti i macchinisti e mise fuori servizio la propulsione della nave. Il “Zenta” fu costretto a fermarsi, ma continuò a sparare con tutti i cannoni poppieri ben 120 colpi. Il successivo fuoco incrociato francese devastò ciò che restava del ponte e delle fiancate della nave: le pompe antincendio erano ormai insufficienti, non vi era più corrente elettrica, in coperta erano rimasti intatti solo gli alberi e i fumaioli.
Il “Zenta” fu infine colpito sotto la linea di galleggiamento, iniziando ad imbarcare acqua in sala macchine e incominciò ad affondare. Alle 09:20 venne dato ordine all’equipaggio di abbandonare la nave.
Il comandante Pachner, dopo essersi accertato che tutti gli uomini ancora in vita si erano gettati in mare, si tuffò per ultimo. Ma, una volta in mare, si avvide che a poppa, nascosti dal fumo e dalle fiamme si distinguevano ancora le figure di componenti dell’equipaggio che evidentemente non erano stati raggiunti dall’ordine di abbandonare la nave.
Paul Pachner tornò indietro a nuotò, si arrampicò sulla fiancata della nave, ordinò agli uomini di gettarsi in mare e riuscì a saltare all’ultimo dalla nave che si stava ormai capovolgendo. Il “Zenta” affondò di prua a circa 5 miglia marine ad ovest-sud-ovest di Castellastua / Petrovac na moru alle 9:40.
Uno spontaneo “hurra ! ” di decine di voci salutò la nave che affondava.
Le navi dell’Intesa non furono risparmiate dai colpi del “Zenta” che non solo combattè eroicamente, ma anche mettendo a segno numerosi colpi: sul “Condorcet” furono colpiti e distrutti due cannoni da 240 millimetri, sul “Justice” un cannone da 190 millimetri.
Le navi francesi spararono sino all’ultimo, volgendosi poi verso sud, senza iniziare alcuna operazione di salvataggio dei naufraghi.
Si venne a sapere dopo che, alla domanda rivolta dagli incrociatori britannici all’ammiraglio francese se si dovessero inviare i cacciatorpediniere in soccorso ai naufraghi austro-ungarici che si trovavano in mare, lo stesso Boué de Lapeyrère rispose negativamente.
Altre fonti affermano che i superstiti furono lasciati in mare con la motivazione ufficiale che gli inglesi pensavano toccasse ai francesi il carico di questi uomini ed i francesi pensavano che toccasse agli inglesi. Nel dubbio furono lasciati affogare!
Dell’equipaggio del “Zenta” caddero 1 ufficiale e 173 uomini: 14 ufficiali e 130 uomini raggiunsero la riva montenegrina presso Castellastua, dopo diverse ore di nuoto. I marinai che avevano raggiunto la riva furono fatti prigionieri e internati a Cetinje e e Podgoriza. La propaganda austriaca dell’ epoca affermò che in un primo tempo furono respinti in acqua a baionettate dai montenegrini.
Di certo il Re del Montenegro Nikita I, lodò pubblicamente il loro coraggio. Alcuni riuscirono a fuggire dal campo di prigionia, gli altri, fra cui il comandante Paul Pachner, furono liberati solo il 15 gennaio 1916 dopo la capitolazione del Montenegro.
L’attacco di una così preponderante forza nemica contro una nave così piccola e meno armata quale era il “Zenta”, suscitò in tutta l’Austria-Ungheria un autentico moto di sdegno popolare, per quella che fu considerata un’autentica “vigliaccata” da parte della flotta francese. Questo sentimento si diffuse particolarmente sulle unità della k.u.k. Kriegsmarine, che iniziarono a prendere di mira in particolare le unità francesi presenti nel Mare Adriatico.
Non a caso il siluramento della nave ammiraglia francese, la corazzata “Jean Bart” e il successivo affondamento dell’incrociatore pesante francese “Leon Gambetta”, con un elevato numero di vittime nemiche, fu accolto con grandi festeggiamenti nella monarchia austro-ungarica-
L’affondamento del “Zenta”, la prima nave in assoluto affondata durante la prima guerra mondiale, venne subito utilizzato dalla propaganda austro-ungarica per rafforzare l’orgoglio delle popolazione dell’Impero: furono numerose le cartoline di propaganda stampate in ricordo del combattimento della “piccola nave coraggiosa” e fu persino composto un inno in memoria degli “Eroi del Zenta”.
Il capitano Paul Pachner fu raffigurato dalla propaganda di guerra austro-ungarica come un eroe di guerra, cui furono tributati alti onori. Fonti storiche slovene affermano che, al suo ritorno in Patria, Paul Pachner fu criticato dai vertici della k.u.k. Kriegsmarine per alcuni presunti errori compiuti nel comando del “Zenta”.
Il fatto sembra improbabile in quanto continuò a servire nella Marina e concluse la guerra con il grado di contrammiraglio. Dopo il disfacimento della duplice monarchia, Pachner navigò per circa vent’anni come capitano sulle flotte mercantili della Spagna e dell’ Egitto.
Benchè la maggioranza delle fonti affermi che Paul Pachner sia morto a Graz, in realtà, nell’estate del 1937, già gravemente malato e in povertà, ritornò nella natia Maribor. Poco dopo si trasferì nella cittadina di Hradec, a 45 chilometri da Maribor, dove morì quello stesso anno il 13 ottobre 1937 a 66 anni.
Paul Pachner è sepolto nel locale cimitero evangelico. Sulla sua tomba c’è una semplice croce con la scritta “Fremder Seemann” (“marinaio straniero”).
PACHNER Paul (1871-1937)
Capitano di fregata; Comandante dell’incrociatore “Zenta” (13 agosto 1914 - 16 agosto 1914)

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Pachner 001 - Fregattenkapitän Paul Pachner, Comandante del Zenta, dopo il suo salvataggio disse: "Abbiamo giurato che avremmo combattuto fino all'ultimo respiro". Edizione Fratelli Kohn, Vienna. Cartolina viaggiata il 24.11.1914.
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Pachner 002 - Verso della cartolina precedente 001. Spedita dal Linienschiffsleutnant Alfred Macher, imbarcato sull'Erzh. Franz Ferdinand, con timbro postale a olio della nave. Sua moglie collezionava le cartoline di navi che le mandavano i conoscenti.
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Pachner 003 - Il comandante del Zenta dopo la liberazione dalla prigionia in Montenegro, nel parco del Marine Kasino di Pola. Edizione per la Croce Rossa, Pola. n. 1022, fotografo A. Hauger, Pola 1916.
