Gli equipaggi della k.u.k. Kriegsmarine

Una particolarità interessante della k.u.k. Kriegsmarine rispetto alle altre Marine da Guerra, era costituita dal fatto che i suoi equipaggi erano multietnici, come del resto anche il suo esercito, riuscendo comunque a creare un notevole spirito di corpo a dispetto di quanto possa apparire. Nelle forze armate asburgiche erano riconosciute dieci / undici lingue nazionali ufficiali: il tedesco, l’ungherese, il ceco, lo slovacco, il ruteno, il serbo, il croato, lo sloveno, il rumeno e l’italiano. Il loro uso era obbligatorio per ufficiali e sottufficiali purchè fossero parlate da almeno il 20% dei soldati semplici di una data unità.
Le autorità militari verificavano la padronanza linguistica degli ufficiali sottoponendoli ad un esame che avveniva entro tre anni dall’entrata in servizio, davanti ad una commissione reggimentale che verificava il loro grado di conoscenza. Se l’ufficiale non superava la prova gli veniva concesso un periodo di altri due anni, ma se veniva nuovamente bocciato egli era retrocesso nel ruolo di promozione ed a quel punto se non riusciva a farsi trasferire in un reggimento, dove aveva padronanza delle lingue parlate, era anche costretto a lasciare il servizio.
Tra gli ufficiali la lingua comunemente usata in servizio ed al circolo era il tedesco, ma in sostanza, considerato che, nell’esercito dell’estate del 1914, solamente 142 reggimenti o battaglioni erano monolingui (e di essi 31 erano di lingua tedesca), il 90% degli ufficiali era tenuto a parlare almeno una seconda lingua. Nel caso della k.u.k. Kriegsmarine tutti gli equipaggi erano composti da equipaggi misti e dalle statistiche delle nazionalità dei marinai reclutati, soprattutto nelle zone costiere dell’Istria, Dalmazia e Venezia Giulia, si evince che il compito per gli ufficiali era più facile, in quanto la maggioranza richiesta era superata solo dai croati e sloveni con il 34 %, e magiari con il 20 %, anche se c’erano discrete percentuali di tedeschi con il 16 %, di italiani con il 14 % e ceco-slovacchi-ruteni con l’11%. Di conseguenza gran parte degli ufficiali parlava più o meno correttamente due / tre lingue ed in alcuni casi anche di più. Ciò era favorito dal fatto che anche loro, come i marinai, provenissero dalle stesse zone d’origine, dove comunemente si parlavano tre o quattro idiomi a qualsiasi livello sociale.
Nella Contea di Gorizia ad esempio erano principalmente parlati il tedesco, lo sloveno, l’italiano o dialetto veneto ed il friulano, sulle coste istriane e dalmate, il croato, il dialetto istro-veneto ed il tedesco scolastico. Più in dettaglio, nel 1910, gli ufficiali di Marina di carriera erano per il 51 % tedeschi (a fronte del 78,7 % degli ufficiali dell’esercito e su di una popolazione del 23,4 %); magiari per il 13 % (a fronte del 9,3 % degli ufficiali dell’esercito e su di una popolazione del 19,6 %); croati per il 10 % (a fronte del 2,4 % degli ufficiali dell’esercito e su di una popolazione dell’ 8,5 %); italiani per il 10 % (a fronte dello 0,7 % degli ufficiali dell’esercito e su di una popolazione dell’1,5 %); cechi e slovacchi per il 9 % (a fronte del 4,8 % degli ufficiali dell’esercito e del 16,3 % della popolazione); ruteni per il 7 % (a fronte dello 0,2 % degli ufficiali dell’esercito e del 7,8 % della popolazione; non vi erano ufficiali polacchi (2,5 % nell’esercito e 9,7 % della popolazione), né sloveni (0,5 % nell’esercito e 2,4 % della popolazione), né rumeni (0,9 % nell’esercito e 6,3 % della popolazione).
Per quanto riguarda sottufficiali e marinai, sempre nel 1910, questa era la suddivisione per nazionalità: il 16,3 % tedeschi (a fronte del 25,2 % dell’esercito e su di una popolazione del 23,4 %); magiari per il 20,4 % (a fronte del 23,1 % dell’esercito e su di una popolazione del 19,6 %); croati per il 31,3 % (a fronte del 9,0 % dell’esercito e su di una popolazione dell’8,5 %); sloveni per il 2,8 % (a fronte del 2,4 % dell’esercito e del 2,4 % della popolazione); italiani per il 14,4 % (a fronte dell’1,3 % dell’esercito e su di una popolazione dell’1,5 %); cechi per il 10,6 % (a fronte del 12,9 % dell’esercito e del 12,5 % della popolazione); slovacchi per lo 0,4 % (a fronte del 3,6 % dell’esercito e del 3,8 % della popolazione); ruteni per lo 0,8% (a fonte del 7,6 % dell’esercito e del 7,8 % della popolazione; polacchi per l’1,8% (7,9 % nell’esercito e 9,7 % della popolazione); rumeni 1,2 % (7,0 % nell’esercito e 6,3 % della popolazione).
Dal 13 ottobre 1852 era stato abrogato l’uso dell’italiano, meglio dire del veneto, come lingua di servizio a bordo ed era stato adottato il tedesco. Comunque tale crogiolo di idiomi, sviluppò tra gli equipaggi una sorta di “lingua della flotta” a base tedesca, infarcita di espressioni italiane, croate ed inglesi nel campo tecnico, similmente a quanto accadde nell’esercito con il famoso “Armee Slavich”.
Il corpo degli ufficiali era costituto principalmente da cittadini di lingua austro-tedesca e da ungheresi, italiani, croati e cecoslovacchi in uguale proporzione, mentre altre nazionalità erano scarsamente rappresentate. L’attenta politica dell’erede al trono Franz Ferdinand (Francesco Ferdinando), che nella Marina aveva la sua arma prediletta, fece in modo di addestrare ed istruire il corpo ufficiali in maniera esemplare, riservando loro una formazione militare unita ad una educazione professionale marinaresca, tecnica e culturale di primo livello, che iniziava nelle scuole militari, proseguiva nell’Accademia di Fiume per completarsi infine a bordo delle navi della Flotta, riuscendo a creare uno spirito di corpo eccezionale e scevro da influenze politiche e nazionalistiche, così come anche tra i sottufficiali di lunga ferma che frequentavano la scuola navale di Sebenico e tra i marinai di ferma quadriennale.
Nè origini sociali, nè nazionalità, nè credo religioso influivano sulla loro carriera, la quale veniva valutata solo in base alla note caratteristiche personali. Un esempio su tutti era il Grande Ammiraglio Anton Haus, nato a Tolmino, paese della valle dell’Isonzo nella Contea di Gorizia, in zona a maggioranza di lingua slovena, da una famiglia contadina di lingua tedesca, che per i suoi meriti acquisiti in servizio arrivò ai massimi vertici della k.u.k. Kriegsmarine.
Se i militari dell’esercito rispecchiavano fedelmente le percentuali della popolazione presente nell’Austria-Ungheria, discorso diverso era quello degli equipaggi della k.u.k. Kriegsmarine, a conferma che il bacino di reclutamento era per oltre la metà nelle zone a maggior vocazione marinara. Non essendoci dati ufficiali si suppone che il livello medio di istruzione fosse discreto, in considerazione dell’obbligo scolastico esistente di cinque anni, istituito ancora ai tempi dell’Imperatrice Maria Theresia.
Vi erano comunque sacche di analfabetismo soprattutto nelle zone dei confini orientali della monarchia. Ai vari gruppi etnici vennero pertanto assegnati compiti ed incarichi adatti al loro grado d’istruzione. Ai gruppi più istruiti, quelli austriaci e cechi, vennero tendenzialmente assegnati incarichi in sala macchine o di specializzazione elettricista, a quello dalmato, vista la loro robustezza fisica e resistenza, l’incarico di fuochisti od il servizio torpedini. Per quanto riguarda le armi navali a quelle di grosso calibro erano assegnati tedeschi e cechi, a quelle di medio calibro magiari ed alle mitragliere croati.
Tutte le fonti storiche e testimoniali riportano che le relazioni interpersonali degli equipaggi non erano per nulla influenzate dalla loro variegata provenienza etnica e che, per merito di un corpo sottufficiali di lunga ferma piuttosto nutrito, derivasse una fusione unitaria eccezionale. La qualità dei rapporti è testimoniata anche dal letterato austriaco F. K. Ginzkey, nato a Pola nel 1871, che prestò servizio come ufficiale nella k.u.k. Kriegsmarine il quale scrive: ”[….] I compagni appartenevano alle più svariate nazioni dell’Impero. C’ erano Croati, Sloveni, Ungheresi, Italiani e ragazzi di altre nazionalità, anche se la maggior parte di essi erano austriaci di sangue tedesco. Non ci sfiorava nemmeno il pensiero che qualcosa potesse dividerci [….] Tra gli ufficiali austriaci era impossibile che un compagno venisse attaccato o denigrato a causa della sua diversa appartenenza nazionale”. Nel corso della prima guerra mondiale anche i rapporti con l’alleato tedesco nell’ambito militare erano improntati al reciproco rispetto e spirito di collaborazione, nonostante questo possa sembrare strano considerati i non sempre amichevoli rapporti del passato, uniti ad una difficoltà di parlare una lingua comune che presentava delle differenze linguistiche tra l’ “hochdeutsch” parlato dai tedeschi del Nord ed il dialetto viennese. Era una difficoltà di comprensione simile a quella che aveva un veneto a capire un napoletano. Al riguardo il comandante tedesco Max Valentiner riferisce un’interessante testimonianza nelle sue memorie quando arrivò nel 1915 alla base di Pola: “[…] Quando salii a bordo della nave appoggio “Gäa”, venni salutato da un ufficiale austriaco che mi fece delle domande in un dialetto che non compresi. Non avevo ancora mai sentito parlare il viennese e dapprima credetti non fosse nemmeno tedesco. Si doveva imparare ad ascoltare con il cuore.”
E più avanti riporta una considerazione importante sulla capacità degli alleati austriaci: “[…] Avevo imparato a conoscere gli austriaci come degli ottimi marinai ed il corpo degli ufficiali di marina austriaci era esemplare. Gli appartenenti a questo corpo, così come i semplici marinai, erano gli eredi di una vitale tradizione marinara […] L’addestramento degli ufficiali era eccellente, poiché questi camerati svilupparono in ogni ambito della marina la più profonda conoscenza […] I loro ufficiali sommergibilisti erano molto diversi da noi uomini del nord, erano molto vivaci, con l’aspetto di gentiluomini un po’ più meridionali”. Per quanto riguarda i criteri di arruolamento le “Istruzioni per l’entrata in Marina”, osservano: “I gravi compiti che deve assolvere la Marina richiedono che possano essere arruolate solo le reclute le quali sono moralmente, spiritualmente e fisicamente eccellenti e che, in aggiunta alle altre loro attitudini, mostrano desiderio e amore per prestare il loro servizio militare in Marina”. Le uniche reclute arruolate erano quelle che erano: “ben sviluppate per la loro età, fisicamente ben strutturate e senza problemi fisici (in particolare malattie contagiose), che avessero colpito la loro salute, la loro mobilità e la loro resistenza”. Gli uomini che indossavano occhiali erano reclutati solo in circostanze eccezionali. La cura della dentatura avveniva a proprie spese. Erano particolarmente qualificati all’arruolamento marinai, pescatori di mare e di terra, lavoratori qualificati del settore dei metalli. Era tuttavia obbligatorio che avessero completato la loro formazione e rivestissero la qualifica di operaio qualificato. Requisito fondamentale era essere cittadini dell’Impero austriaco, non avere precedenti penali e non essere sposati. Le potenziali reclute dovevano firmare per quattro anni, più un periodo di ulteriore formazione professionale che non poteva durare per più di un anno. Per entrare nella k.u.k. Kriegsmarine come sottufficiali, il requisito del tempo di ferma era aumentato a dodici anni più la formazione professionale di un anno. Coscritti furono arruolati in Marina solo per sostituire le perdite subite. I sottufficiali potevano essere inquadrati e impiegati in Marina, a seconda delle rispettive capacità professionali, in uno dei seguenti rami: nostromo, sergente maggiore, operatore di segnalazione, timoniere, carpentiere, artificiere, cannoniere, ingegnere, musicista, operatore di macchina, operatore radio. C’erano anche opportunità di carriera per operatori telegrafici, amministratori e inservienti medici.
A parità di grado, nei diversi rami, tutti ricevevano la stessa paga e dovevano rispondere, dagli ingegneri ai musicisti, a determinati requisiti fisici e professionali. Ai soldati professionisti che lasciavano la Marina dopo aver completato il loro servizio erano legalmente garantiti un posto nella pubblica amministrazione o nel settore privato. Quelli che avevano sottoscritto una ferma di almeno dodici anni avevano il diritto ad una posizione di lavoro nel settore civile, dopo aver ricevuto il cosiddetto “Certificato di Servizio Civile”. Chi era selezionato per diventare ufficiali della marina era: “un giovane intellettualmente eccellente con notevoli conoscenze” e veniva richiesto loro un elevato standard di rendimento scolastico.